BIBBIA E PASTORALE

VIGILATE

GIUDA ISCARIOTA

Giuda, il traditore del Maestro

(tratto da “Il discernimento spirituale” di Padre Livio Fanzaga)

 

Non si sottolineerà mai abbastanza lo stadio di perversione in cui Giuda è precipitato.

Oggi una letteratura buonista e superficiale, in sintonia con una generazione che ha perso il senso del peccato, tende ad assolverlo o a minimizzarne la depravazione.

In realtà le espressioni dei vangeli su Giuda sono le più severe che mai siano state pronunciate nei confronti di un essere umano. La stessa affermazione lapidaria dell'evangelista Giovanni: « Satana entrò in lui », ha il significato sinistro di un connubio che anticipa la condizione infernale.

Eppure, nonostante questo stato di indurimento e di accecamento, si può pensare che Giuda abbia avuto la grazia del risveglio della coscienza, come ci attesta l'evangelista Matteo:

« Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani dicendo: Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente» (Matteo 27, 3-4).

Qui il pentimento va inteso come quella grazia iniziale del tutto gratuita che viene concessa all'anima morta. Questa grazia, senza dubbio ottenuta dalla preghiera del Maestro, ha provocato il rimorso, dando nel medesimo tempo la luce sufficiente per incominciare a vedere la situazione di peccato. Giuda ha anche compiuto il gesto di disfarsi delle trenta monete, riportandole ai sacerdoti e rendendo una testimonianza umanamente apprezzabile sull'innocenza di Gesù.

Chi non può vedere qui la grandezza della divina misericordia che, a un'anima caduta cosi in basso, ha fatto il dono inestimabile di udire di nuovo la voce della coscienza?

Tutto questo però non consente di affermare che Giuda si sia salvato. Al contrario, quando si è trattato di aprirsi alla fede e alla grazia del perdono, egli ha cessato di corrispondere, ma si è lasciato afferrare dal demone della disperazione, fino ad andare ad impiccarsi (cfr. Maiteo 27, 5).

Ciò che avrebbe perduto Giuda sarebbe quindi il peccato contro lo Spirito Santo, cioè l'incredulità

nei confronti dell'Amore misericordioso. Se egli, invece di correre verso l'albero dell'impiccagione, fosse accorso a inginocchiarsi davanti all'albero della Croce, avrebbe ottenuto il perdono e la salvezza. Queste considerazioni ci permettono di affermare che nessun peccato è più grande della divina misericordia e che nessuna conversione è impossibile per Colui che ha redento ogni anima

a prezzo del suo sangue. Egli esige però l'umana cooperazione, secondo la felice espressione di sant'Agostino: «Chi ha creato te senza di te, non può salvare te senza di te ».

GIUDA ISCARIOTA E IL DIO DENARO

"A Giuda era stata affidata la borsa comune del gruppo; in occasione dell’unzione di Betania aveva protestato contro lo spreco del profumo prezioso versato da Maria sui piedi di Gesù, non perché gli importasse dei poveri, fa notare Giovanni, ma perché «era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro» (12, 6). La sua proposta ai capi dei sacerdoti è esplicita: «Quanto siete disposti a darmi, se io ve lo consegno? Ed essi gli fissarono trenta sicli d’argento» (Matteo, 26, 15).

Ma perché meravigliarsi di questa spiegazione e trovarla troppo banale? Non è stato forse quasi sempre così nella storia e non è ancora oggi così? Mammona, il denaro, non è uno dei tanti idoli; è l’idolo per antonomasia; letteralmente, «l’idolo di metallo fuso» (cfr. Esodo, 34, 17).

Padre Raniero Cantalamessa, omelia Venerdì Santo, 18 aprile 2014